venerdì 15 ottobre 2010

Chiede il condono, il «no» dopo 18 anni

14 ottobre 2010

Una vecchia e piccola falegnameria abbattuta perchè la Regione non ha
riconosciuto il condono edilizio regolarmente versato al Comune
ventiquattro anni fa. Accade a Portosecco, frazione di San Pietro in
Volta. Qui, il signor Scarpa aveva realizzato una piccola
struttura in legno, su un terreno regolarmente affittato, nel lontano
1945, di rientro da tre anni di prigionia nel campo di
concentramento di Magdeburgo, nel corso della seconda guerra mondiale.
 Classe 1920, il signor Scarpa amava il mestiere di falegname, al
quale ha poi dedicato tutta la sua vita. Ma i problemi iniziano
nel 1986. «All’epoca un amico ci sottolineò la necessità di chiedere al
Comune il condono edilizio per quella costruzione - spiega il
figlio del falegname, Daniele Scarpa - Una costruzione in legno con un
semplice tetto in plastica, in tutto una trentina di metri
quadrati. Mio padre la teneva in condizioni perfette, sembrava il
laboratorio di Geppetto da tanto era in ordine. Sottoponemmo la
cosa al Comune e fu dato l’assenso al condono: pagammo una somma
di poche decine di migliaia di lire di allora».  Accade però che, la
bellezza di 18 anni dopo, nel 2004, dalla Regione arriva una
ingiunzione di abbattimento. «Ci scrissero dicendo che non riconoscevano
il condono edilizio versato al Comune di Venezia - prosegue il
figlio - perchè la struttura, benché in legno, non era compatibile
con il paesaggio. Ma questa era seminascosta da un muro di cinta di
oltre due metri e mezzo, e se ne poteva vedere solo il tetto».
 La famiglia Scarpa ha quindi tentato di trovare una soluzione, non
fosse altro per la gioia del padre, per il quale la piccola
falegnameria era un motivo di orgoglio e di gioia. «Non c’è stato nulla
da fare - aggiunge Daniele Scarpa - Abbiamo così deciso di
abbatterla noi, prima che intervenisse il Comune, almeno per risparmiare
le spese che ci sarebbero state accollate. Lo abbiamo fatto due
giorni fa. Mio padre è molto malato, si trova in ospedale, e
almeno non ha dovuto vedere quella scena. Il problema è un altro: ci
chiediamo se il nostro sia solo il primo caso di una lunga serie a
Pellestrina, visto che di edifici abusivi ce ne sono a decine. Oppure
se c’è stato un accanimento preciso nei nostri confronti. Se ci
devono essere delle regole, devono valere per tutti e non solo per un
residente soltanto su questa isola». 

Simone Bianchi

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