domenica 11 novembre 2007

Mose, il comune ricorre al Tar


 

La decisione è stata presa. Il Comune di Venezia ricorrerà al Tar del Veneto contro il parere favorevole della commissione di salvaguardia che, il 31 luglio scorso, ha di fatto "sanato" i mega cantieri per la costruzione dei cassoni del Mose a Pellestrina . Il via libera è arrivato dalla Giunta dell'altro giorno: gli assessori, all'unanimità, hanno dato mandato al sindaco Massimo Cacciari di impugnare il provvedimento davanti al tribunale amministrativo regionale. Ora il ricorso sarà predisposto dall'Avvocatura civica che ha tempi strettissimi per depositarlo. La decisione, infatti, è arrivata in zona Cesarini (i termini per l'impugnazione scadono a giorni) e non era affatto scontata. Non più tardi di un mese fa, infatti, il capo di gabinetto del sindaco, Maurizio Calligaro, aveva chiarito che l'amministrazione non voleva imbarcarsi in una battaglia persa in partenza. «Non vogliamo fare un ricorso, se poi non ci sono buone possibilità di vincerlo».

Così il Comune si è preso tutto il tempo utile: i 60 giorni normalmente previsti per l'impugnazione davanti al Tar, più il mese e mezzo ulteriore legato alla sospensione dell'attività giudiziaria dal 1. agosto fino al 15 settembre. In queste ultime settimane, in particolare, si sono moltiplicati gli incontri tecnici per valutare la fattibilità di quest'azione legale. Approfondimenti che devono aver convinto la Giunta a dare il via libero definitivo al sindaco per impugnare. «I motivi sono noti - ribadisce Calligaro - riteniamo di essere di fronte a una lesione grave delle prerogative in campo autorizzativo dell'ente Comune». Sotto accusa, dunque, la procedura. Ma il parere favorevole della salvaguardia, come noto, era stato criticato anche nel merito, per l'impatto di quello che è stato definito il "cantiere più grande d'Europa": una piattaforma di 15 ettari ricoperta di cemento, sulla quale saranno costruiti i cassoni, in una zona super vincolata come la spiaggia di Santa Maria del Mare. Il via libera del 31 luglio, tra l'altro, era arrivato a maggioranza: a favore, tra gli altri, la Soprintendenza; contro ministero dell'Ambiente e Comune.

Cacciari, all'epoca, aveva tuonato: «La decisione della commissione di salvaguardia mi appare semplicemente incomprensibile perché siamo di fronte a un intervento che con assoluta evidenza modifica profondamente e permanenetemente lo stato dei luoghi, che doveva essere sottoposto a una valutazione di tipo paesaggistico e ambientale. La decisione assunta dalla salvaguardia, che spesso di segnala per il rigoroso, a volte addirittura "punitivo" ossequio delle norme nei confronti del comune cittadino, rappresenta l'ennesimo atto che intende sanare a posteriori ciò che non era stato autorizzato, nè potrebbe risultare sanabile ai sensi delle vigenti leggi. Il Comune è deciso a far valere il proprio punto di vista in ogni sede a tutela anche delle sue specifiche e non surrogabili competenze». Questione spinosa su cui ora si dovranno esprimerere i giudici del Tar.

Roberta Brunetti

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