sabato 4 novembre 2006

«Così vivemmo quelle ore»

Pellestrina stremata da una lunga battaglia

Ce ne andammo solo
qualche giorno prima. Pioveva e l'acqua della laguna allagava metà
della strada allora in terra battuta, "le larghe". Per riempire la
barca di tutta la nostra vita, gli uomini addetti al trasloco furono
costretti ad usare una passerella che percorrevano in salita verso la
barca e in discesa verso il marciapiedi, "le strette". Pioveva e
ricordo che uno strano sentimento mi faceva ridere e saltellare. L'ho
capito poi che era di gioia senza felicità. Era un'avventura lasciare
un'isola per un gruppo di isole che però, unite l'una all'altra,
formavamo quella città così vicina a Pellestrina
eppure così lontana da mettermi soggezione. La barca partì sotto la
pioggia e l'onda invase la strada e la calle dei miei giochi infantili.
Quella piccola casa e la sua vigna, quattro giorni dopo rischiarono di
diventare solo un ricordo. Vivemmo il 4 Novembre nella grande casa
veneziana, con l'acqua che arrivava al terzo gradino della scala
interna, tra stanze sconosciute ed estranee, con tanti mobili ancora da
montare, tra candele e il silenzio interrotto dal pianto di mia
sorella, allora di due anni. Mangiammo freddo come fredde erano le
stanze e umide. Ogni tanto scendevo la scala per vedere l'acqua ed era
sempre allo stesso livello. Qualche voce dalle finestre vicine, qualche
"ohe, gente!!" detto piano da qualcuno che passava con addosso quello
strano indumento composto da stivali e pantaloni con bretelle che
vedevo usare dai pescatori. Mi fece impressione vederlo indossare in
città e allo stesso tempo pensai che non me ne ero andata poi così
lontano dalla mia isola. Dalla finestra della soffitta si vedeva oltre
i tetti solo acqua e pioggia. Tornai a Pellestrina
qualche giorno dopo. Abbandonata e ferita, giaceva stremata come dopo
una dura battaglia. Dalle brecce il mare aveva invaso la laguna, gli
orti erano spariti. Nella nostra piccola casa il segno nero dell'acqua
era a un metro e mezzo dal pavimento. C'era fango dappertutto che una
splendido sole induriva. Sul "monton" era rimasto solo il camminamento
in pietra d'istria e le "tane" era state sparpagliate dalla furia del
mare come bastoncini di legno. Del "murazzo" il mare s'era portato via
quel poco che c'era grazie all'incuria dell'uomo. Tante persone a me
vicine in quei giorni non ci sono più e nella grande casa di Venezia ci
vive solo mia madre. Ma la piccola casa di Pellestrina
, il suo albero, il "finale" per andare "da monte a marina" come diceva
mio padre, è sempre lì ed è il piccolo regno di una famiglia felice.
Rinata a nuova vita, avrà sempre tra le pietre la parte più felice
della mia.

Iva Scarpa Bolla

Mestre

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